Contro l’idrogeno solforato ci vuole fiuto

Contro l’idrogeno solforato ci vuole fiuto

Ci sono sostanze, come i PFAS, che non hanno odore. Ce ne sono altre che, invece, un odore ce l’hanno. Ed è cattivo. Nel caso dell’idrogeno solforato, di uova marce. Il filo (anzi, l’allarme) rosso è la pericolosità. Ma la soluzione, anche qui, c’è. Si tratta solo di prevenire, non limitandosi a inseguire il problema, mettendo qua e là toppe poco utili. E avere a disposizione le giuste tecnologie e professionisti preparati. Ad Arzignano, nel cuore del distretto conciario più importante d’Europa, abbiamo avviato un monitoraggio mediante centraline all’avanguardia. Vi raccontiamo tutto in questo articolo. 

Monitoraggio h24 per un anno in zone critiche: il progetto in corso ad Arzignano con Yara

A fine dicembre abbiamo consegnato al Comune di Arzignano tre speciali centraline. Regalo di Natale? Volendo, sì. Ma c’è dell’altro. Quando bisogna progettare la risoluzione dei problemi generati dalla presenza di idrogeno solforato, si parte, infatti, dal monitoraggio dei punti ritenuti critici. L’indagine viene eseguita avvalendosi di specifici sensori. In questo caso si tratta dei LongNose sviluppati da Yara per monitoraggi ambientali in continuo e a lungo termine. Le apparecchiature sono dotate di una membrana elettrochimica solfuro selettiva con soglia di percezione dello 0,25 ppm. L’accuratezza di fondo scala è pari all’1% e permette la lettura da 0 a 1.000 ppm (parti per milione). E, come si vedrà più sotto, ciò è molto importante. I sensori possono registrare fino a oltre 80.000 cicli di registrazione. Abbiamo scelto proprio i LongNose di Yara perché non “leggono” solo l’idrogeno solforato. Rilevano anche la temperatura: un fattore correlato all’andamento dell’H2S, dovuto all’attività batterica nell’acqua. Il monitoraggio è un primo passo fondamentale. Rende, infatti, chiara la situazione e dà la percezione reale dei valori. E i dati sono essenziali per capire come intervenire ed eliminare la formazione dell’idrogeno solforato. Il territorio di Arzignano è un buon banco di prova. Non solo perché giochiamo in casa. Soprattutto per il fatto di essere tra i distretti conciari più importanti d’Europa. E l’idrogeno solforato, come spieghiamo più giù, è uno dei maggiori rischi. L’Amministrazione comunale ha individuato tre punti critici nel territorio, dove andremo a posizionare nei prossimi giorni i sensori, che rimarranno in funzione poi un anno.   

La consegna al Comune di Arzignano (VI) delle centraline.
Da sinistra: Alessio Guazzeroni, product manager di Yara International; Carlo Masiero, titolare di Pragma Chimica; Alessia Bevilacqua, sindaco di Arzignano.

Idrogeno solforato: che cos’è e come si forma

Chiamato anche acido solfidrico o solfuro di idrogeno, l’idrogeno solforato è un gas. Formula chimica: H2S. È conosciuto da tempo: ne parlavano addirittura i Greci. In natura si trova in molti giacimenti petroliferi o di gas naturali, in alcune emanazioni vulcaniche e in acque minerali. Come si forma? Quando l’ossigeno non è più disponibile, i batteri usano azoto in una reazione anossica (cioè senza ossigeno). Quando anche il nitrato è finito, passano ai solfati, in reazioni anaerobiche, producendo H2S e altri gas. Ma l’idrogeno solforato si forma anche come sottoprodotto di varie lavorazioni. È il caso della raffinazione dei petroli e della distillazione del carbone fossile. Oppure della decalcinazione e macerazione nella lavorazione delle pelli. Nello specifico, l’H2S è uno dei maggiori rischi nell’industria conciaria, come ben spiegato in questo articolo dei colleghi di e_labo.

Il pericolo c’è, ma spesso non si sente

L’idrogeno solforato è insidioso e pericoloso. Ha, infatti, una soglia di percezione olfattiva piuttosto bassa. Nello specifico, con 0.001 ppm viene rilevato il caratteristico odore di uova marce. Questo diventa meno avvertibile all’aumentare della concentrazione (e, quindi, del rischio) fino a sparire del tutto. Non a caso, l’H2S viene talora definito “gas killer”. Ciò per la sua capacità di paralizzare i recettori olfattivi e, quindi, di non essere percepito.
La criticità non sta, insomma, solo nella presenza di cattivo odore. Anche a basse concentrazioni l’idrogeno solforato è:

  • Tossico. È lunga la lista di effetti sulla salute umana: si parte con irritazioni agli occhi e disturbi respiratori. Si arriva a danni cerebrali cronici e, addirittura, alla morte, in caso di concentrazioni elevate.
  • Aggressivo. L’idrogeno solforato è in grado di corrodere cemento e metalli, in particolare ferro, rame e zinco. Ciò rappresenta un rischio soprattutto per quanto riguarda impianti di depurazione e quadri elettrici. Con un aumento dei costi di gestione e manutenzione straordinaria.

 

Come combattiamo l’idrogeno solforato

Grazie all’applicazione della tecnologia e dei prodotti Yara, come abbiamo visto, si può prevenire la formazione dell’H2S. La nostra proposta per prevenire la formazione dei cattivi odori e i rischi per la salute comprende:

 

  • Monitoraggio dell’H2S con sensori online appositamente sviluppati;
  • Analisi del sistema per selezionare strumenti e prodotto più idonei;
  • Installazione controller e sistema di dosaggio;
  • Ottimizzazione in continuo del dosaggio con sistema in remoto.


Ma l’idrogeno solforato si può anche eliminare, grazie a uno specifico
trattamento ossidativo a effetto curativo. L’applicazione viene modulata in funzione del problema da risolvere, studiando l’uso dei prodotti chimici più idonei. E tenendo conto della tipologia e delle caratteristiche chimico-fisiche delle acque reflue da trattare. Insomma, una soluzione personalizzata. Ed efficace: sia nel trattamento di acque reflue civili, sia di processo industriali. Una tecnica estremamente valida per il contenimento e la prevenzione della formazione di cattivi odori e della sicurezza sul lavoro.